Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 1979 il Giudice relatore Antonino De Stefano;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto in fatto:
1. Con ricorso alla Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale per le pensioni civili, depositato il 1
febbraio 1965, il maresciallo di 1 classe di P.S. Rondoni Giuseppe, cessato dal servizio il 30 dicembre
1963, impugnava il decreto 8 maggio 1964 del Ministro per l'Interno, consegnatogli il 30 novembre
1964, con il quale gli veniva liquidato il trattamento di quiescenza sulla base dello stipendio del
coefficiente 271, al IX aumento periodico, nella misura del 77,6% per i 38 anni di servizio effettivo
prestato. Lamentava il ricorrente che, in sede di liquidazione, non si era tenuto conto ch'egli aveva
maturato il decimo aumento periodico di stipendio alla data del suo collocamento a riposo; che non gli
erano stati valutati i benefici coloniali per il servizio prestato in Tripolitania (metà di anni 5, mesi 4 e
giorni 19); che tale omissione gli aveva impedito di raggiungere i 40 anni di servizio valido per ottenere
il massimo della pensione (80 per cento in luogo del 77,6 per cento liquidatogli).
La Corte dei conti, con decisione interlocutoria 18 aprile 1973, depositata il 14 aprile 1975,
pronunciando sui motivi di gravame, ha dichiarato che al ricorrente spetta, ai fini di pensione, sia il
riconoscimento del decimo aumento periodico di stipendio, sia il riconoscimento per metà del servizio
prestato in colonia, onde consegue che il servizio utile a pensione sale a 43 anni. Con lo stesso
provvedimento, però, interpretando la domanda del ricorrente come richiesta del massimo di pensione
spettante, in luogo della misura massima dell'80 per cento consentita dalla normativa vigente, si è posta il
dubbio se questo limite invalicabile fissato dal legislatore negli articoli 2, 5 e 6 del d.P.R. 11 gennaio
1956, n. 20 sia conforme agli articoli 3, 36, primo comma e 38, primo e secondo comma, della
Costituzione, ed ha sollevato d'ufficio la relativa questione di legittimità costituzionale, ritenendola
rilevante ai fini dell'accertamento del massimo della base pensionabile.
Ad avviso del giudice a quo le norme denunciate non lasciano intravedere la causa giuridica della
compressione operata dal legislatore sui termini base pensionabile e serie di servizi utili. Il limite
massimo della serie di servizi è fissato in 40 anni, ma ad esso non corrisponde, nella base pensionabile,
l'ultimo stipendio goduto. Lo stesso criterio limitativo è esteso alla ritenuta del 6 per cento in conto
entrate Tesoro sulle retribuzioni, in evidente contrasto con i principi di tutela previdenziale affermati
dagli articoli 36 e 38 della Costituzione.
Nella materia pensionistica la discrezionalità del legislatore non può spingersi fino a comprimere un
diritto, come quello a pensione, che per sua natura è anelastico "ope Constitutionis". Le limitazioni
possono essere disposte, ma solo come gradazioni di effetti, nel senso che al massimo di una serie di
servizi (minore o maggiore di anni 40) deve corrispondere una base pensionabile pari all'ultimo stipendio
goduto in servizio, di guisa che si abbia perfetta coincidenza tra retribuzione teorica e retribuzione
differita; la definizione della percentuale massima pensionabile dev'essere quindi tenuta presente anche
in sede di ritenuta in conto Tesoro, deve cioè contemplare tutto il vigente sistema normativo dominato da
una limitazione che altera il principio dell'indennità retributiva nel tempo.
Le norme denunciate contrasterebbero, inoltre, con l'art. 3 della Costituzione, perché creano
sperequazione di trattamento, in analoga materia, tra dipendenti pubblici con trattamenti previdenziali
amministrati dallo Stato - la cui base pensionabile non può superare l'80 per cento dello stipendio - e
dipendenti pubblici il cui fondo pensioni è amministrato da apposite Casse (quali ad esempio la Cassa
previdenza per i dipendenti degli enti locali) per i quali la pensione corrispondente al massimo
dell'anzianità di servizio può arrivare ad eguagliare l'ultima retribuzione percepita in servizio.
Perciò, sospeso il giudizio sul terzo motivo di gravame, la Corte dei conti ha denunciato
l'incostituzionalità, per contrasto con gli articoli 3, 36, primo comma, e 38, primo e secondo comma,